Il silenzio del colpevole

hannibal lecter

IL MONDO SAREBBE UN POSTO MIGLIORE SENZA DI TE  

 

L’agente dell’FBI stringeva il telefono con forza mentre nell’altra stanza stavano brindando alla sua promozione.  

Solo poche parole le fecero andare il cuore a mille. E quella voce, la sua voce… 

«Il mondo è più interessante se tu ci sei». 

L’agente Starling cercò di controllare il tremore alle gambe mentre corse nell’altra stanza. «Rintracciate la chiamata, era Lecter».  

Il dottor Hannibal Lecter era in procinto di prendere il volo, quando vide i mezzi del Bureau arrivare all’aeroporto. Ce l’avrebbe fatta, pensò con un sorriso. Ma loro avevano l’unica arma in grado di fermarlo. Loro avevano la rossa e i suoi occhi, le sue labbra. Quel bastardo di Crawford si era portato Clarice. 

“Un ultima volta”, pensò il dottor Lecter. “Il tuo odore un ultima volta, Clarice”. 

Il suo travestimento da personale di volo, insieme alle protesi di paraffina che gli cambiavano i lineamenti, gli permisero di avvicinarsi agli agenti.  

«Problemi?», chiese mentre andava loro incontro.  

«Fermi l’aereo, maledizione!», gli urlò addosso l’agente Starling mentre correva con la pistola spianata, mentre il collega in borghese gli mostrava il tesserino. 

Clarice, bellissima Clarice. Calda e dolce Clarice. Percepì l’odore del suo sudore e questo bastò a mandargli il sangue al cervello. L’unica persona per lui davvero pericolosa. L’unica che non avrebbe mai voluto mangiare ma l’unica al mondo di cui avrebbe voluto nutrirsi. 

L’FBI si arrese al fatto di averlo perso dopo un paio d’ore di ricerche.  

Ma lui non riuscì a partire. Non dopo averla sentita così vicina, così viva, così per un attimo sua.  

Si appostò davanti agli uffici di scienze del comportamento, aspettandosi di vederla uscire. Il suo personalissimo angelo custode lo mise in guardia sul pericolo che stava correndo ma lui lo zittì subito. La vide a tarda sera, stretta nel suo impermeabile da due soldi. Sorrise tra sé e sé. Prima di andarsene le avrebbe fatto recapitare un Givenchy.  

Subito dietro di lei, vide il bastardo raggiungerla e afferrarle un braccio. Si fermò di colpo coi sensi all’erta, cercando di avvicinarsi abbastanza per sentirli parlare. Lei si divincolò e con rabbia iniziò ad urlare. 

«Pensa che sia un gioco per me? Pensa che abbia abbassato la guardia con Lecter solo perché abbiamo catturato Gumb? Ho fatto il possibile Signore, sono corsa a segnalare la chiamata, ho agito secondo le procedure ma lui è riuscito a fuggire. Ho applicato tutti i protocolli, non trovo giusto questo richiamo, non con quel tono, non in questo modo». 

«Clarice, Clarice…Scusami, mi dispiace. Hai ragione, ho esagerato. Vieni qui».  

Così dicendo, l’abbracciò lasciandola sfogare. Qualcosa non tornava, pensò il dottor Lecter. 

Crawford se l’era presa con lei. La incolpava di non essere riuscita a prenderlo all’aeroporto. Percepì uno stralcio di conversazione fra i due. Poteva quasi sentire il sale delle lacrime che rigavano il viso di Clarice all’uscita del Bureau. 

Chiaro, avevano bisogno di un agnello da sacrificare e chi se non l’ultima arrivata? 

L’avevano promossa per la cattura di Bufalo Bill, certo, ma sapevano che la piccola Catherine Martin se l’era cavata anche grazie all’aiuto che lui aveva dato a Clarice, pensò. 

Il fatto che lei non fosse stata in grado di prenderlo nonostante avessero tracciato la chiamata, lasciò perplesso anche lui. Lui era bravo, molto bravo. Ma Clarice era veloce, di gambe, di grilletto e di testa. Clarice era quella che lo conosceva più di tutti. Sapeva che i suoi omicidi avevano sempre qualche oscuro senso. Un’immotivata ragione per i più ma non per lei, lei sapeva. Della sua sorellina, dei nazisti, della sua carriera di medico. Anche se non glielo aveva mai confessato, in qualche modo lei capiva le sue motivazioni. Sapeva che nessuno dei suoi pasti era così innocente. Mai.  

«Vieni», disse il capitano dell’FBI rivolgendosi alla sua agente.  

«Ti porto a bere qualcosa». 

Clarice fece segno di no con la testa ma lui non le diede modo di replicare. 

«Insisto, lascia che mi scusi con te». 

Clarice lo seguì docile in auto.  

Si, decisamente qualcosa non tornava, considerò Hannibal. Aprì veloce un’auto parcheggiata e mise in moto, mettendosi proprio dietro l’auto di Crawford. 

Si fermarono in un locale e lui li seguì dentro. Poche parole, lui si scusò e lei sorrise mesta, ammettendo che avrebbe dovuto essere più scaltra. Non aveva la visione piena dei due, ma Crawford sembrò compatirla.  

Dopo circa mezz’ora, uscirono ma ancora quella sensazione non lo abbandonava.  

Arrivarono davanti a casa di lei e appena la vide uscire dalla macchina ebbe la conferma che davvero qualcosa non tornava. Barcollava, non si reggeva in piedi.  

Crawford gli sembrò troppo pronto, troppo sollecito.  

Senza nemmeno un “Qualcosa non va?”, “Ti senti bene?”.   

Niente, silenzio. Semplicemente prese le chiavi di casa dalla borsa di lei, aprì la porta e la fece entrare.  

Gli tornò alla mente la scena del bar.  

«Cosa prendi, Starling?». 

«Un acqua tonica».  

Strano. A meno che…Merda. Lo stronzo l’aveva drogata.  

Ormai conosceva a memoria la casa dell’agente Starling. Aveva passato intere notti a guardarla dormire. Forzò la porta sul retro e si appostò in cucina dentro lo sgabuzzino delle scope. 

«Capitano, non so cosa mi succede io…non mi sento bene». 

Peccato. Non avrebbe sciupato del bordeaux per accompagnare un animale del genere, pensò il dottor Lecter mentre sentì il capitano sogghignare. 

«Non è nulla Clarice, sarà il vino. So che vuoi lasciarti andare. E’ molto che me ne sono accorto sai?». 

Adesso il viscido le stava accarezzando una guancia mentre lei non riuscì a reagire. Riuscì solo a blaterare con voce impastata poche parole. 

 «Io non ho bevuto». 

Cercò di alzare un braccio per allontanarlo ma non ci riuscì.  

«Davvero?», chiese l’altro ormai certo di quello che sarebbe accaduto dopo. 

 «Si vede che mi sono sbagliato. Stai tranquilla Clarice, domani non ricorderai nulla. E’ stato troppo facile farti cadere in trappola. Vedila così: meglio fra le mie fauci che in quelle di Lecter non credi?».  

Lei lo guardò estrarre una siringa da un cassetto poi, guardando oltre la sua spalla, sgranò per un attimo gli occhi e dopo un attimo vide Crawford rantolare per terra.  

Un’ombra lo stava legando e imbavagliando. Con un coltello gli strappò i pantaloni all’altezza del pube. Poi la sentì muovere. 

«Clarice, non guardare», le disse il Dottor Lecter mentre trascinò fuori Crawford. Mentre lo scaraventò nell’auto, sentì un mugolio strozzato mentre una pozza di sangue si allargò nel bagagliaio sotto di lui. Lo lasciò li agonizzante tornando in casa. 

Clarice era ancora stesa sul pavimento, semi cosciente, con le lacrime che continuavano a uscire dai suoi occhi terrorizzati. Allora Hannibal le parlò e stranamente lei riuscì a calmarsi, come se un’altra voce le stesse dicendo che non le avrebbe mai fatto del male. 

«Clarice, stai tranquilla, non è niente». 

Riuscì in qualche modo a sentire il suo sapore, baciandole gli occhi continuamente finché non smise di piangere. Lacrime zuccherine non ne avrebbe mai più assaggiate, pensò con tristezza.  

«Hannibal…». 

Era solo un sussurro, ma l’aveva chiamato col suo nome e questo lo annientò per un attimo, come se un’altra entità si fosse impossessata di lui. Continuava a guardarla come paralizzato, lì su quel pavimento, disteso con lei, lui aveva paura. Per la prima volta dopo tanto tempo aveva paura.  

«Hannibal…». Non riusciva a dire nient’altro. 

«Clarice…». Si continuavano a chiamare a vicenda. 

«Hannibal, mi hai salvato».  

Questa volta riuscì ad alzare il braccio. Tentò di alzarsi ma le girò la testa. 

«Stai tranquilla, Clarice, ora chiamo l’ambulanza».  

Fece per alzarsi ma lei si agitò ancora di più e mentre farfugliò un no, cercò di afferrarlo per una manica. 

Il dottor Lecter le torno vicino. 

«Cosa c’è Clarice? Gli agnelli hanno smesso di gridare?». 

«Hannibal non…».  

La voce le morì in gola mentre i singhiozzi la avvolsero.  

«Non ti farò del male Clarice, lo sai», disse lui mentre la accarezzava piano. 

A un certo punto gli sembrò sentirla sussurrare qualcosa, allora avvicinò l’orecchio alle sue labbra. 

«Non ho capito, Clarice». 

 Non si era sbagliato, aveva capito giusto.  Ciò che lui le aveva sussurrato con gli occhi la prima volta che l’aveva vista attraverso il vetro blindato della sua cella di sicurezza, ora stava uscendo da dentro di lei. 

«Non andare via, Hannibal». 

Lui sospirò, ora avrebbe anche potuto morire.  

«Non posso Clarice, lo sappiamo tutti e due». 

Adesso l’adrenalina che l’aveva scossa la stava aiutando a riprendersi, la sua voce era più chiara, seppur bassa. 

«Tienimi stretta Hannibal, una volta sola». 

Lui si allontanò di colpo come se lo avesse morso una tarantola. 

«Non posso Clarice, tu non sai cosa stai dicendo». 

Ma la sua preghiera suonò troppo, troppo disperata.  

Si ritrovò steso su un pavimento freddo, con l’agente dell’FBI che gli aveva dato la caccia per mesi stretta tra le braccia. Sentiva il suo fiato nell’incavo della spalla, sentiva la sua voce che gli sussurrava un ringraziamento, poteva quasi percepire il suo sapore. Lei si scostò appena, adesso le sue labbra erano troppo vicine, davvero troppo. 

«Hannibal», mormorò lei contro le sue labbra.  

Si sfiorarono senza toccarsi, forse per troppi secondi. Piano, Hannibal Lecter si alzò e la fece sedere per terra. Poi, col cellulare dell’agente Starling, chiamò il 911. 

«Sono Hannibal Lecter, chiamo da…». 

Clarice sentì la confusione delle sirene arrivare dopo poco. I paramedici la caricarono sull’ambulanza poco prima che lei perdesse di nuovo i sensi. 

A quel punto il dottor Lecter era già lontano. Aprì il bagagliaio dell’auto, deciso a fare un favore all’umanità e a Clarice ma poi ci ripensò. Voleva essere migliore per lei. Trovò Crawford era privo di sensi e aspettò che si svegliasse. Appena aprì gli occhi e vide Lecter, cercò di urlare.  

«Bene bene direttore, ora ti toglierò il nastro dalla bocca. Tu farai una telefonata, prima al tuo comando, dove denuncerai quello che hai fatto a Clarice e poi chiamerai i soccorsi. Vedi questo?». 

Alzò la mano che stringeva il pezzo di pene del capitano dell’FBI.  

«Se farai il bravo, i paramedici lo troveranno qui e forse riusciranno ad attaccartelo. Sai, francamente, anche con un bordeaux, credo che sapresti di marcio», gli disse con rabbia.  

«Tu non guarderai né parlerai mai più a Clarice, siamo intesi?». 

L’altro annui terrorizzato. L’ambulanza arrivò nel giro di poco. Mise in mano a Crawford una torcia accesa prima di andarsene. 

Si fermò solo un momento, senza guardarlo. 

«Lei è troppo pulita, troppo pura per farle questo. Non accetterebbe mai che uccidessi per lei, nonostante tu faccia schifo, nonostante il mondo sarebbe migliore se tu non ci fossi». 

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